Hunger Games – La ragazza di fuoco di Francis Lawrence, secondo capitolo della trilogia tratta dai romanzi young adult di Suzanne Collins, apre con prevedibile successo anche in Italia. Se l’obiettivo era quello di replicare il trionfo di Twilight, i produttori non solo lo hanno raggiunto, ma potrebbero anche averlo superato.

Primo punto di forza dell’intera operazione, la scelta degli attori. La protagonista Katniss Everdeen sarà ricordata dagli adolescenti come l’eroina degli anni Dieci. La interpreta Jennifer Lawrence, rarissimo esempio di donna dal volto algido e paffuto allo stesso tempo, diva di un cast a dir poco stellare: ai veterani della saga si aggiungono qui Amanda Plummer e Philip Seymour Hoffman.

La struttura di questo sequel è pressoché la stessa del capitolo iniziale. Lo spettatore attenderà a lungo la vera e propria messa in scena dei giochi, quando Katniss, Peeta e gli altri verranno scaricati in un’Arena tropicale, dove lotteranno più che altro contro le trappole letali seminate dagli Strateghi, fino al finale aperto che farà da ponte verso il successivo episodio. Le caratteristiche distintive del primo film sono rimaste anche ne La ragazza di fuoco. La violenza dell’idea alla base è, ancora una volta, stemperata dai colpi di cannone che annunciano la morte dei concorrenti fuori dall’inquadratura, ciononostante la pellicola rimane peculiare rispetto ad altri prodotti del genere, solitamente più soft. I rimandi a un immaginario americano traumatizzato dal Vietnam, dichiarati ed evidenti nel precedente, si sono però indeboliti; Katniss e soci combattono sì in una sorta di giungla, ma se la vedono soprattutto con nebbie velenose e scimmie urlanti, e non con un nemico umano in cui riconoscersi e specchiarsi. La metafora della guerra perde dunque qualche punto, e l’avventura dei Tributi si trasforma in una grande fuga fantascientifica, che ricorda vagamente l’esperimento di Quella casa nel bosco.

Si evolve invece il discorso sull’immagine dei concorrenti, appena iniziato da Hunger Games. Nel primo capitolo Katniss imparava a flirtare col mondo dello spettacolo e, aiutata dagli strepitosi costumi di Cinna (Lenny Kravitz), diventava una star, salvandosi la vita. Questa volta la posta in gioco è cambiata, e la nostra eroina mette la sua identità al servizio della causa trascendendo in icona: la Ghiandaia Imitatrice, il simbolo della rivoluzione.

La storia d’amore, anche questa volta, si fa notare per la sua assenza; Katniss ha ben altro a cui pensare, e nei rari momenti in cui viene affrontato il tema amoroso, si rimarca la falsità della relazione tra Katniss e il compagno d’armi Peeta. Colpisce quindi la mancanza di quel sentimentalismo tipico di altri prodotti young adult. Il modello femminile incarnato da Katniss è l’opposto di quello proposto dalla Bella Swan della saga di Twilight: pochissimo tempo da dedicare agli struggimenti per i maschietti, ruvidezza nei modi da “dura” (e non da “ragazza complicata”), Katniss è una Diana cacciatrice che corre nei boschi scuoiando scoiattoli e arrostendoli allo spiedo.

Hunger Games sostituisce il soprannaturale di Twilight col classico intramontabile della fantascienza distopica. Pesca a piene mani nella mitologia greca e nella produzione del primo Stephen King (in particolare da L’uomo in fuga). Il film ha i suoi punti deboli nelle incongruenze logiche derivate da una scrittura discontinua che ogni tanto si lascia scappare qualche errore, specialmente nel fornire solide motivazioni alle azioni dei personaggi. Ma alla fine dei conti, rimane confortante vedere questa saga entrare nel cuore delle tante adolescenti che hanno invaso la sala per l’anteprima nostrana, porgendo i loro omaggi a un’eroina mai svenevole, integerrima e soprattutto concentrata sui fatti suoi. Speriamo allora che questa riot girl del nuovo millennio non le deluda negli episodi che seguiranno.

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Alice C.Davide V.Gianluca L.Leonardo L.
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