Random Access Memories, pubblicato il 17 maggio 2013 dall’etichetta Columbia Records, è l’ultima, fortunata creazione del duo francese “robotico” Daft Punk.

A volte chi scrive di un disco e intende stroncarlo finisce, suo malgrado, per alimentare interesse, idee e illusioni, sortendo l’effetto opposto. E’ il caso di un critico che, nei primissimi anni ’90, pubblicando un’ormai celebre recensione sulla rivista Melody Maker, avrebbe voluto stroncare il duo francese dei Darlin, definendoli “a bunch of daft punk” (un mucchio di stupidi teppisti). Il critico certamente non immaginava di aver coniato uno dei nomi più fortunati della musica elettronica d’Oltralpe.

Di tempo ne è passato dai ruggenti anni Novanta, da quando i Darlin divennero Daft Punk, e si sente. Se si prende una raccolta come Musique, Vol. 1- 1993-2005, è facile rendersi conto della loro mutazione, o meglio, evoluzione. Un’evoluzione essenziale nella musica di qualità, che dovrebbe sempre marcare la differenza nei confronti di coloro che non intendono rischiare riproponendo fino alla noia sonorità “sicure”, che garantiscono le vendite e il successo. Quando un musicista ha il coraggio di cambiare, si espone inevitabilmente alle critiche dei fan e dei nostalgici, che spesso lo vorrebbero sempre uguale a sé stesso.

In questo album, nuovo di zecca, si ha proprio l’impressione che i Daft Punk abbiano cercato un’evoluzione e una crescita, pur mantenendo ferme alcune loro caratteristiche essenziali, come i caschi scintillanti da automi e le voci robotiche post-Kraftwerk. Le numerose collaborazioni – da Nile Rodgers (Chic) a Pharrell Williams, da Julian Casablancas all’imprescindibile Giorgio Moroder – fanno di Random Access Memories un affascinante mosaico di sonorità electro, che spaziano dalla dance anni ’70-’80 alla electro-disco, dall’ambient al krautrock, trionfo del sintetizzatore.

Trainato prepotentemente dal singolo Get Lucky, uno di quei pezzi che non ti si scollano dalla mente, e che ti ritrovi a fischiettare qualunque cosa tu stia facendo, RAM e le sue tredici tracce colpiscono per colore e ritmo. Se la prima traccia (Give life back to music) sembra rincuorare i fan duri e puri, proponendo la classica voce campionata e ottimi giri di basso, già da quella seguente (The game of love) si prendono atmosfere decisamente estranee alla tradizione Daft Punk, ricordando sonorità ambient già riprese dai Jamiroquai a loro tempo. Il monologo di Giorgio Moroder, essenza della disco-electro italo-teutonica, probabilmente una delle più grandi fonti di ispirazione dei Daft Punk da sempre, viene proposto con la migliore rievocazione storica. Ma è con il piano suonato in Within che il duo ci disorienta, rimediando subito con la tipica voce campionata (rieccola!): una discontinuità che si fa però sempre più intensa. Touch, splendidamente ripetitiva, ci porta dritti al funk di Get Lucky, ed è subito Freak Out!

Verso il finale dell’album, invece, si torna al buon vecchio Jamiroquaiesimo, per poi fare incursioni in ambiti quasi prog (vedi Contact) che, paradossalmente, ci ricordano l’ultimo lavoro dei Justice; i quali, invece, dovrebbero essere gli allievi “sbarbatelli” del duo parigino per eccellenza, ma qui sembra vengano citati e omaggiati con precisione.

In definitiva, vista la discontinuità stilistica, Random Access Memories è un album pienamente apprezzabile anche (e forse soprattutto) da coloro che non sono mai stati particolarmente fan dei Daft Punk.

Da ascoltare.

Scritto da Massimiliano Lollis.

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