Fra i tanti artisti che ci hanno lasciato in questa triste primavera 2013, se n’è andato un peso massimo del fumetto statunitense, Carmine Infantino, disegnatore tra i più rappresentativi in forza alla DC Comics e alla Marvel, la cui lunga carriera ebbe modo di spaziare dalla prima metà degli anni Quaranta fino alla prima metà degli anni Novanta.

Era nato il 24 maggio 1925 a Brooklyn, New York, da genitori di origine italiana, e dopo avere studiato alla School of Industrial Art di Manhattan, aveva esordito nel mondo dei comics nel 1942, all’età di sedici anni, inchiostrando la serie supereroistica Jack Frost, pubblicata dalla Timely, la casa editrice dalle cui ceneri nacque la Marvel. Dopo aver collaborato con diverse case editrici, nel 1947, ormai promosso a disegnatore, fu assunto dalla National, la futura DC Comics, per realizzare graficamente la nuova eroina sexy Black Canary, creata dallo sceneggiatore Robert Kanigher. A quello stesso anno, risale il primo incontro fra Infantino e il personaggio del supereroe velocista Flash, al quale resterà per sempre legato. Nel corso della Golden Age, Infantino divenne il disegnatore regolare di diverse testate di supereroi, dal primo Green Lantern alla Justice Society of America.

Trascorso un decennio realizzando serie minori di svariate ambientazioni, nel 1956 fu selezionato dalla DC per rilanciare Flash, su soggetto di Julius Schwartz e testi di Kanigher: nella nuova versione, con il costume rosso e giallo e l’identità segreta dell’insoddisfatto scienziato Barry Allen, il velocista divenne uno dei personaggi di punta della casa, inaugurando tradizionalmente quella che gli storici definiscono la Silver Age of Comic Books. Fu, infatti, in questa serie che vennero introdotti il concetto di multiverso (Earth-Two) e quella tipologia di “supereroe con superproblemi” che caratterizzò da quel momento i fumetti del genere, facendo da apripista alla concorrenza della Marvel.

Il successo di Flash lanciò Infantino come uno degli artisti più prestigiosi della casa editrice, tanto che gli furono affidate, tra il 1964 e il 1975, le matite di numerosi albi di Batman, la serie principale della casa, che acquisì un taglio più moderno, accantonando gli aspetti più grotteschi in favore di quelli polizieschi e introspettivi. Nel 1967 Infantino diede vita, su testi di Arnold Drake, all’antieroe dark Deadman, che fece scalpore perché rappresentava, per la prima volta in un fumetto, la droga, sfidando la rigidissima Comics Code Authority. Nel frattempo Infantino era stato promosso direttore editoriale della DC Comics, e affiancò l’attività di disegnatore a quella di manager: a lui si deve, tra le altre cose, l’introduzione di giovani talenti come Neal Adams, al quale fu assegnata la serie di Deadman, e Dennis O’Neil.

Verso la seconda metà degli anni Settanta, però, dopo un ventennio di gloria alla DC, Infantino preferì tornare un artista freelance, realizzando storie horror per la Warren (Creepy, Eerie, Vampirella) e iniziando a collaborare con la concorrente Marvel. Per la Casa delle Idee, l’artista diede vita, su testi di Jim Shooter, al mercenario amorale Paladin, introdotto sulle pagine di Daredevil nel 1978, e disegnò saltuariamente storie degli Avengers, di Ghost Rider e di Howard The Duck, tra gli altri, senza però lasciare il segno.

Fu con la nuova serie di Spider-Woman, di cui divenne il disegnatore regolare per 20 numeri, dal 1978 al 1979, che Infantino raggiunse livelli di creatività pari a quelli del periodo in cui era sotto contratto con la DC. Molti anni prima di diventare membro degli Avengers, la sexy eroina aracnoide (nessuna parentela con il più famoso Spider-Man) svolazzava nel suo costume attillato in questa serie dai toni dark, abbastanza violenta e dal forte sottinteso sessuale, in cui il tratto nervoso e dinamico dell’artista di origine italiana illustra perfettamente le sceneggiature da incubo del fantasioso Marv Wolfman.

Negli anni Ottanta, conclusa l’avventura alla Marvel, Infantino tornò alla DC e al suo personaggio di punta, Flash, occupandosi delle matite della serie regolare fra il 1981 e il 1985, fino alla cancellazione. Da allora diradò le sue collaborazioni, l’ultima delle quali risale al 1993, con la pregevole miniserie spionistica Danger Trail, scritta da Len Wein. Negli anni Novanta, prima della pensione, fu insegnante alla School of Visual Arts di Manhattan, dove mise il suo talento e la sua esperienza a disposizione degli artisti più giovani.

Dopo una terza età trascorsa fra convention fumettistiche e pubblicazioni di libri monografici sulla sua opera, Carmine Infantino è morto in silenzio, nella sua casa di Manhattan, lo scorso 4 aprile, all’età di 87 anni, senza lasciare eredi. La sua poliedrica figura di disegnatore, di editore e talent scout ha attraversato cinquant’anni di storia dei comics, lasciando una testimonianza di assoluto valore riguardo alla possibilità di compromesso fra l’arte visiva e il prodotto industriale.

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