Otello o la deficenza della donna è uno spettacolo teatrale di Carmelo Bene del 1979; riproposto anche nel 1985, avrà poi nel 2002 una versione televisiva, sulla quale ci soffermeremo. Le riprese dell’opera erano già state effettuate nel 1979 negli studi Rai di Torino, per rimanere in sospeso fino al 2001, quando finalmente il materiale viene recuperato e montato da Marilena Fogliatti sotto la supervisione di Carmelo Bene, non solo autore, ma anche regista, attore e ideatore delle luci, dei costumi e dell’audio dell’opera (le musiche sono invece affidate a Luigi Zito). Questo lavoro verrà proiettato per la prima volta al Teatro Argentina il 18 marzo 2002, a due giorni dalla morte dell’artista salentino, e si può considerare il suo testamento artistico. Infatti l’Otello è un’opera un po’ sofferta per Bene, il quale ne rimanda sempre l’uscita chiedendo continue modifiche alla Rai, autorizzandone la proiezione solo a pochi giorni dalla morte.

Sullo schermo insieme a Bene troviamo: Michela Martini nella parte di Desdemona, Cosimo Cinieri per Iago, Cesare Dell’Aguzzo sia per Cassio che per Braganzio e infine Lodovico, Beatrice Giorgi nelle vesti di Roderigo e Rosella Bolmida nella parte di Emilia.

L’Otello di Bene ha come origine la versione di Shakespeare, tuttavia questa viene stravolta dal punto di vista cronologico – tagliata, spezzettata, modificata e ricomposta; si comincia dalla fine, tutto è già avvenuto, e si è immersi nella sospensione del tragico, realizzata nella continua ripetizione della morte di Desdemona. Non c’è preoccupazione di sviluppare e portare a compimento la tragedia, dal momento che si è già nella tragedia esausta.

Gli spazi sono bui e claustrofobici, non si intravedono le pareti; unico spiraglio di luce una scena con Desdemona avvolta da drappi bianchi. Le inquadrature totali rivelano i pochi elementi scenici disposti in maniera raccolta, e immersi nell’oscurità. Altre immagini rivelano che il pavimento è costituito da un enorme specchio, mentre l’elemento protagonista indiscusso dell’opera beniana è il letto ricoperto di numerosi drappi appoggiati con numerose pieghe. In alcune immagini troviamo abbondanti stoffe pure sul pavimento, o, in altri momenti ancora, tessuti che si costituiscono come pareti, circoscrivendo lo spazio, e che con la loro presenza ossessiva rimandano al fazzoletto perduto dalla protagonista femminile. Il montaggio è ricco di primi piani e mezzi busti che aggravano ulteriormente i toni ossessivi e cupi dell’atmosfera dell’opera.

Anche in questa produzione si può per l’ennesima volta ritrovare conferma dell’attenzione che la macchina attoriale CB nutre nei confronti della parte audio: l’accorto utilizzo dei microfoni e delle loro possibilità espressive, le variazioni, la voce registrata inserita fuori sincrono rispetto alle immagini, l’orchestrazione delle musiche, dei rumori e dei suoni concorrono a esplicitare per l’ennesima volta come la gestione dell’audio in un’opera teatrale o video sia per Bene come la creazione di una partitura per concerto, ovvero non di solo accompagnamento alle immagini (del tutto evitato è l’utilizzo del sonoro per rendere l’immagine credibile o realista), ma anzi come strumento principe per cadere nell’oblio.

Più in generale, la partitura di ogni opera del maestro è creata cercando le massime possibilità espressive del mezzo che viene utilizzato: nel caso di questo Otello, di natura audiovisiva, va sottolineato che non c’è predominanza della storia sul testo, oppure del testo sull’audio o sulle immagini; CB, in altre parole, realizza una lingua efficace e propria per lo schermo, senza partire dalla storia o dal testo per costruirvi sopra le immagini, ma facendo nascere audio e immagine assieme.

Questa breve rassegna su alcuni dei lavori di Bene si conclude qui con Otello, opera che si conferma straordinaria ancora oggi, a più di dieci anni della morte dell’artista, e assolutamente da recuperare.

Scritto da Anna Silvestrini.

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