Album 2012: la coda della stagione estiva e l’inizio dell’autunno ci hanno regalato alcune importanti e gradite uscite. Prima fra tutte la nuova fatica di Ariel Pink, Mature Themes, che porta a compimento il percorso intrapreso con Before Today amplificando il potenziale pop del freak di Beverly Hills.

In pieno gusto e tendenza retromaniaca Ariel rimane in fondo fedele a se stesso, continuando nel ripescaggio di frammenti sonori provenienti da un’epoca aurea (la tarda infanzia) in cui tanto i suoni di vecchie serie televisive quanto canzonette radio-friendly  potevano risultare meravigliose ad orecchie vergini. Ecco così tracce che si rifanno a sonorità anni 80 ma richiamano allo stesso tempo atmosfere da gioventù americana di provincia del decennio precedente (That 70’s Show?), balli di fine anno e amori non corrisposti. Basti citare il notevole -e divertente- singolo Only in my dreams come anche la Rundgren-iana title-track. O ancora il pop-wave à la Stranglers di Driftwood e il synth eighties speso in Symphony of the nymph e Pink slime. Apogeo di questa riscoperta rimane la cover soul (vengono in mente i Black Keys) di Baby, piccola gemma da cesto delle offerte a firma Joe & Donnie Emerson. Ed il cerchio si chiude alla perfezione.

Negli ultimi mesi hanno riscosso un certo successo –e relativo hype- pure gli inglesi Toy, con l’album omonimo. Il quintetto di Londra, sponsorizzato dagli Horrors, si è fatto notare per brani dall’indole post-punk e shoegaze fatti delle stessa pasta dell’ottimo secondo disco di Faris Badwan e soci. In aggiunta certa vena kraut-psichedelica e alcuni slanci melodici, apprezzabili soprattutto in The reasons why, Lose my way e Heart skips a beat.

Ottimo poi il lavoro dei Dirty Projectors, Swing Lo Magellan, che pare aver aggiunto una maggior concretezza alle intuizioni del recente passato (vedi il precedente Bitte Orca). Archiviare alla voce Afro-folk-pop in chiave moderatamente sperimentale. Da tener presente che Ezra Koenig dei Vampire Weekend prima del successo era sassofonista della band. Si ricordano il singolo Gun has no trigger, Just from Chevron e Dance for you.

Per una frangetta che se ne va un atteso ritorno. Cat Power, fresca di nuovo taglio di capelli, dà un taglio anche al recente passato sia personale che musicale con Sun, il quale prende le distanze dalle atmosfere soul di The Greatest ed introduce elementi electro e quasi funky. Certo, la voce è quella al solito suadente e dopo qualche ascolto l’album ingrana. Merito soprattutto di pezzi quali il singolo Ruin ma pure Manhattan e Nothing but time, che vede ospite il caro vecchio Iggy Pop, si elevano decisamente sopra la media.

Detto di un secondo album dei The Vaccines che scala le classifiche inglesi, ma non riesce a raggiungere la compattezza dell’esordio,  a parte alcuni numeri di sano brit-rock (su tutti il singolo in odore di Libertines No hope), rimaniamo un poco scettici di fronte a Love this giant di David Byrne & St. Vincent. Intendiamoci, l’ascolto è assolutamente piacevole ma alla lunga nulla rimane veramente impresso nella nostra testa. Prediligiamo comunque i numeri in cui alla voce si esibisce l’ex-Talking Heads.

P.S .Caro Paul Banks che te ne esci con un album autografo, in fondo dimostri di saper ancora scrivere canzoni… E allora perché gli ultimi due dischi degli Interpol fanno #@#@§* ??!!

Scritto da Fabio Plodari.

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