Nostra Signora dei Turchi è un film di Carmelo Bene del 1968 nel quale la regia, il soggetto, la sceneggiatura, la scenografia e i costumi sono interamente opera dell’artista salentino. Insieme a lui sullo schermo troviamo Lydia Mancinelli come Santa Margherita, Ornella Ferrari nel ruolo di una serva-bambina, Anita Masini come Madonna e primo amore, Salvatore Siniscalchi nei panni di un editore e infine Vincenzo Musso. La scelta musicale, nella quale, oltre a citazioni dei temi di Lawrence d’Arabia di Maurice Jarre e Il terzo uomo di Antonio Karas, sono presenti pezzi composti da Puccini, Rossini, Verdi, Stravinskij e altri, è sempre ad opera di Bene.

Le vicende che riguardano quest’opera sono zeppe di colpi di scena, in pieno stile beniano. Secondo il progetto originario, Bene doveva realizzare tre documentari (uno sulla grotta di Zinzulusa, un altro sui Martiri di Otranto e un ultimo sul Barocco), che invece non vedranno mai la luce. Al loro posto, con i fondi stanziati, crea Nostra Signora dei Turchi e un documentario di 6ʹ dal titolo Il barocco leccese. La prima versione di Nostra Signora durava all’incirca 160ʹ; tuttavia viene ridotta a 125ʹ per riuscire a farla partecipare alla XXIX Mostra del cinema di Venezia del 1968, dove ottiene il Premio Speciale della Giuria; successivamente vince anche il Primo premio al Festival di Hyères. La situazione, alla Mostra del cinema di Venezia, è comunque molto burrascosa: alcuni artisti, in sintonia con le proteste che attraversano il paese in quell’anno, decidono di occupare la mostra, mentre CB ne prende le distanze. Questa decisione scatenerà sia reazioni di amore smisurato (da parte di Oreste Del Buono e di Luigi Chiarini), sia altre estremamente negative, come quella molto famosa di Carlo Mazzarella, a cui Bene rispose personalmente con due sonori ceffoni.

Il film è tratto dal romanzo omonimo scritto da Bene nel 1966, e alla base della sequenza audiovisiva c’è sempre e solo il principio che soggiace a tutto il pensiero dell’artista, ovvero quello di evitare qualsiasi tentativo di costruzione di significato, lasciando lo spettatore sospeso nel significante, nell’oblio, senza alcuna logica causale e nessuna costruzione temporale. Le scelte delle inquadrature, degli obiettivi, degli effetti del montaggio hanno principalmente un effetto straniante e dimostrano una grande padronanza del linguaggio cinematografico. Questi elementi rendono la pellicola un lavoro sempre in bilico tra la memoria, l’oblio e l’onirico; già all’inizio dell’opera, nelle immagini non troppo definite di un palazzo moresco che ad un certo punto iniziano a deformarsi, si costruisce una sensazione a metà tra il ricordo e l’allucinazione, come anche quando il volto di Bene riaffiora in dissolvenza dietro ad alcuni teschi di martiri. Gli stessi effetti di straniamento si ottengono con la fotografia, nei viraggi, o anche nelle nell’effetto invecchiato dato alle immagini.

A queste immagini sospese si accompagna un universo sonoro altrettanto particolare fatto di voci diegetiche e extradiegetiche, voci registrate poste in asincronia rispetto all’attore e intessute in una fitta rete musicale. Il risultato è una sorta di spartito: il sonoro non sta lì per dar senso all’immagine o a sostenerla, ma ha un suo proprio spessore, una propria indipendenza.

Curioso è il ruolo della parodia che si sviluppa in due diverse direttrici: mentre una ammica ai lunghi piani sequenza della Nouvelle Vague (ad esempio la fuga di Belmondo in Fino all’ultimo respiro di Godard) proponendo una lunga camera car, l’altra vede la parodia della vita interiore che va a scarnificare i piani della memoria, dell’immaginario e dell’oblio, riportando a un grado zero l’immagine, a un punto cioè che non ha né passato né futuro, in un ciclo continuo di differenza e ripetizione.

Nostra Signora dei Turchi, in conclusione, è il tipico film che si può continuare a vedere e rivedere: ogni volta che lo si vede diventa una sorta di prima volta, dal momento che l’opera non lavora su rapporti di causa-effetto, non costruisce senso, ma propone un audiovisivo significante che evoca e non si congela in nessun significato preciso.

Il secondo appuntamento della rassegna mensile su Carmelo Bene, organizzata in omaggio alla sua scomparsa (16 marzo 2002), si conclude qui. Appuntamento al prossimo mese con Don Giovanni.

Scritto da Anna Silvestrini.
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