Racconto di Natale è un film di Arnaud Desplechin del 2008, che si inserisce nel filone delle pellicole che usano le festività come pretesto per far tornare a galla secolari incomprensioni familiari.

La famiglia Vuillard è segnata dalla malattia: tre fratelli, una femmina e due maschi, di cui uno, Henry, concepito allo scopo di salvare il primogenito Joseph, con la speranza della compatibilità per il necessario trapianto di midollo osseo; speranza vana, e Joseph muore all’età di sei anni; rimangono Elizabeth, la maggiore, che è diventata drammaturga, Ivan, il minore, che è sposato con l’amore di sempre Sylvia e ha due bambini, e Henry, da sempre la pecora nera della famiglia, come a scontare l’inadeguatezza che pesa sulla sua testa da quando non è servito a salvare il fratello, e che la madre Junon non ha certo contribuito ad alleviare.

Stavolta è la madre ad essere vittima di un male degenerativo che solo un trapianto può sconfiggere; figli e nipoti si riuniscono e, ironia della sorte, proprio Henry sarà il donatore compatibile che può salvare -o uccidere per rigetto- Junon.

Il conflitto tra una madre e un figlio che non si amano diventa dialettica tra vita e morte, intorno a cui ognuno reagisce a modo suo: il marito Abel si aggrappa ai numeri e alle probabilità, con l’aiuto del genero matematico, mentre figli e nipoti, depressi (come Elizabeth e il figlio) o sereni (come Ivan) si ritrovano prede di sentimenti repressi o segreti del passato. Da parte sua Junon appare poco incline a prendere sul serio il trapianto e molto seccata all’idea di dovere la vita al figlio che non ama.

Desplechin riesce a gestire numerosi personaggi, e i rispettivi caratteri, con estrema intensità e crudeltà, ma, inevitabilmente, alcuni spiccano con più potenza. Tra tutti si distingue l’Henry di Mathieu Amalric, incostante e inaffidabile, spesso ubriaco, eppure lucido nell’analisi di se stesso e delle ipocrisie più manifeste, fronteggiando l’aperta ostilità di metà della famiglia, e la tolleranza dell’altra metà; a tenergli testa, una grande Catherine Deneuve nei panni di Junon, testarda ed altera, sarcastica ed insofferente. Altri personaggi restano più defilati, come il marito di Elizabeth, appena caratterizzato; così come la sottotrama di Sylvia (Chiara Mastroianni) e del cugino Simon che rimane un po’ troppo staccata dal resto, ma dà corpo al tema delle possibilità perdute, delle relazioni non sbocciate, delle vite non vissute, che serpeggia nel film proprio a partire dalla mancanza di Joseph, sempre evocato e presente come un fantasma nella grande casa di Roubaix.

Scelte formali varie e significative supportano un racconto tanto stratificato e complesso, dagli iridi tanto amati dal cinema francese, agli sguardi in macchina che danno voce ai pensieri, passando per  dissolvenze e teatrini di sagome e bambini. Certo le situazioni sezionate da Desplechin non hanno nulla di ordinario, e i Vuillard sono “persone che si fingono normali”, ma che non lo sono affatto. Racconto di Natale è un film ambizioso e denso, forse troppo, ma riesce a descrivere un ampio raggio di emozioni senza banalità e con un’ironia costante che rende il film perfettamente digeribile e godibile, anche dopo le abbuffate natalizie.

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Scritto da Chiara Checcaglini.