Un’Elektra splatter quella che Carmelo Rifici propone al pubblico del Teatro Verdi al terzo appuntamento con la Stagione di Prosa.
In scena sangue, sangue e ancora sangue neanche lo avesse prodotto la Troma.

Certo si tratta di una tragedia in pieno stile, dove una figlia tenuta in prigionia, Elettra (una straordinaria Elisabetta Pozzi), vuole vendicare con un matricidio l’assassinio del rè padre.

E certo la principessa in questione ha l’anima divorata da un odio che la rende cieca giustiziera, mentre la madre per placare il senso di rimorso scarnifica vittime innocenti come sacrificio agli dei. Un po’ di bloodshed era inevitabile, eppure devo dire che dopo aver superato il disagio iniziale la scenografia (di Guido Buganza) ci stà. Eccome. Un palazzo grigio e sghembo occupa tutto il palcoscenico. Scale che salgono e che scendono. Porte deformate. Botole sotterranee che vomitano serve cenciose e alienate.

Un “happy moment” insomma, quello che il giovane regista continuatore della tradizione ronconiana ricava dal testo poetico di Hugo von Hofmannsthal a sua volta tratta dall’ omonima opera di Sofocle.

Clitemnestra (Mariangela Granelli), Oreste (Massimo Nicolini), Crisotemide (Marta Richeldi) ed Egisto (Alberto Fasoli) personaggi mitologici sbarcati nel ventunesimo secolo per ricordare come la terra giri sempre intorno al sole e come i sentimenti e i comportamenti umani non cambino.
Certo oggi non si è così facili alla giustizia fai da te, ma la nostra rimane pur sempre una società individualista che pensa al proprio interesse contravvenendo, a volte, a principi e vincoli primari (come l’ignobile Clitemnestra che per usurparne il trono assassina il marito Agamennone).
La pazzia, tema centrale nella rilettura di Carmelo Rifici (resa ottimamente dalle interpretazioni del cast, quasi tutto al femminile, prima tra tutte la vigorosa ed emozionante protagonista), serpeggia anche oggi, tra l’uomo moderno, ma con mentite spoglie.

Scritto da Micol Lorenzato

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