Nei giorni scorsi il Festival di Venezia è stato letteralmente travolto da un rigetto d’autore chiamato “Carnage”, il nuovo film di Roman Polanski.

Due coppie di genitori si incontrano per parlare, civilmente, di una zuffa avvenuta nel parco tra i loro figli minorenni.

I minuti passano e dall’appartamento dei coniugi Foster/Reilly è impossibile uscire (la macchina da presa catalizza l’attenzione all’interno delle mura domestiche) e il già fragile incontro risolutore si trasforma ben presto in una vera e propria carneficina verbale, all’inizio sussurrata e infine brutale.

Basato sull’opera teatrale “Le Dieu du Carnage” di Yasmina Reza, il film si basa interamente sulle impeccabili interpretazioni dei quattro attori protagonisti: Kate Winslet, Jodie Foster, John C. Reilly, e Christoph Waltz, tutti magistrali nel tratteggiare le debolezze dell’essere umano.

“Chi ha paura di Roman Polanski?” direbbe Mike Nichols. In soli 89′ minuti, infatti, il regista di “Rosemary’s Baby” mette a nudo tutti i suoi personaggi e li libera dall’ipocrisia delle loro azioni: un vero e proprio angelo sterminatore pronto a ridicolizzare tutte le più (s)corrette etichette sociali.

Una catarsi a cui lo spettatore è chiamato a partecipare in prima persona, senza vergognarsi di sorridere di fronte alle scomode verità del teatro-appartamento newyorkese (ma riprodotto a Parigi) di casa Polanski.

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Davide V.
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