E’ una serata di metà luglio. Calda, afosa, umida: l’aria la potresti tagliare col coltello, mentre la polo (la maglietta) si appiccica alla pelle come una ventosa. Sono le dieci, il duo electropop Il Genio (quello di Pop Porno, per intenderci) avrà già iniziato a suonare da dieci minuti, io dovrei intervistarli e mi trovo ancora a 10km di distanza dal palco, in attesa di un collega che mi passi a prendere.

Il collega è in ritardo: ci sono degli ingorghi dovuti al fatto che è sabato sera, e come se non bastasse ha anche sbagliato strada. Guardo la piazza, dove sfrecciano macchine colorate e luminose. Le luci sembrano quasi rompere la membrana di afa, quasi una placenta trasparente ma pesantissima. Io sono ancora lì, fermo, e penso a cosa diavolo dovrei chiedere a quei due ragazzi milanesi ma di origini pugliesi che hanno sfondato con un album che, dice la “bibbia” wikipedia, è costato appena ottomila euro.

Il colletto della maglietta mi ricorda di aver esagerato col sole in piscina quel pomeriggio. Sempre il solito: rosso aragosta. Penso che almeno la gente mi vedrà al buio, sarà qualcosa di nuovo. Ma una domanda su Pop Porno mi sembra un po’ sempliciotta. E allora che cosa chiedo? Ma poi sono sicuro di arrivarci a questa benedetta intervista dopo-concerto?

Quando mi sto ormai rassegnando al fatto di andarci a piedi, o di lasciar stare e fiondarmi a casa per innaffiarmi di creme post-disastro-cutaneo, ecco che il mio collega, finalmente, arriva. Zompo in macchina, lo saluto e via al concerto. Di fronte al palco, i ragazzi della radio: facciamo in tempo ad ascoltare un paio di pezzi, tra cui il ballatissimo Pop Porno, poi il concerto finisce. Mi lancio nel backstage, mostro il pass al mostro buttafuori del backstage, entro, ed eccoli lì.

Sono due ragazzi curiosi: sembrano essere esattamente quello che sembrano, qualcosa difficile da trovare nel mainstream della musica pop di oggi. Si avvicinano, sudati e con poca voglia di parlare. Si presentano: lei, Alessandra Contini, una bella ragazza mora con un vestitino rigorosamente nero, lui, Gianluca De Rubertis, un ragazzo con delle curiose scarpe nere a punta, molto camden town. Quattro chiacchiere, poi chiedo loro del perché abbiano deciso di scrivere Non è possibile, dedicata al fatto che l’uomo non sarebbe andato sulla luna. Lei, Alessandra, basso e voce, mi dice che aveva letto un libro al proposito, poi ne avevano parlato e di lì poi era nata l’idea di scrivere la canzone. Chiedo loro se allora ci credano davvero a questa storia. Lui mi guarda e mi fa capire che comunque, per dirla alla Bennato, sono solo canzonette. Intanto si lavora al prossimo album.

Ripenso alla loro musica, le loro influenze (giapponesi, italiane e francesi anni ’60-’70), la voce sensuale e quasi flebile di Alessandra. E’ il retrò elegante che torna, i suoni gommosi ma anche il piano e gli archi. Affidiamoci a queste atmosfere senza pregiudizi, ci si potrà divertire e commuovere.

Scritto da Massimiliano Lollis.

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