Questo cine-weekend ha segnato la fine di un’epoca. Che si amasse o meno la saga, non si può negare l’impatto dei libri di J.K. Rowling e dei relativi film sulla letteratura per ragazzi, sulla cinematografia fantasy e sulla cultura in genere – e i record di botteghino dell’ultimo capitolo dimostrano che dopo quattordici anni il fandom potteriano è rimasto fedele al mondo con cui è cresciuto. Su Harry Potter e i doni della morte – parte 2 pesava dunque l’onere di chiudere la saga senza deludere le schiere di fan già in preda al senso di abbandono – missione compiuta puntando nuovamente sull’impatto visivo, spesso condensando un po’ troppo trama e chiarimenti, ma comunque giungendo a un risultato decisamente godibile. Avevamo lasciato Voldemort finalmente in possesso dell’agognata Bacchetta di Sambuco, ottenuta profanando la tomba di Silente (ma gli oggetti magici possono rivoltarsi contro chi se ne appropria indebitamente…) e i nostri eroi in cerca degli horcrux contenenti i frammenti dell’anima del Signore Oscuro. Le (solite) visioni di Harry porteranno i tre protagonisti prima alla Banca dei Maghi Gringott (con l’esilarante trasformazione di Hermione in un’impacciatissima Bellatrix LeStrange e una spettacolare sequenza di fuga a dorso di drago) e poi all’atteso ritorno a Hogwarts, dove vige il regime di terrore del nuovo preside Piton e degli sgherri di Voldemort, ma dove si riuniscono anche l’Ordine della Fenice e l’Esercito di Silente.

Al palesarsi di Harry scoppia una sanguinosa battaglia che sancirà definitivamente la fine dell’adolescenza collettiva di protagonisti e spettatori, lasciando Hogwarts in un cumulo di macerie e mietendo vittime fra i personaggi più amati (e una delle pecche del film è la rapidità con cui viene trattata questa parte). In un’escalation tanto densa quanto carente di spiegazioni si susseguono la distruzione di altri due horcrux, uno sviluppo sentimentale atteso fin dal primo film, lo scontro fra Voldemort e Piton, una fondamentale rivelazione e non una ma ben due rese dei conti tra Harry e il Signore Oscuro, passando per nuove incursioni nella Camera dei Segreti e nella Stanza delle Necessità (con straordinari effetti speciali legati ad acqua e fuoco) e rincuoranti visite dall’aldilà. Inutile dire che la Bacchetta di Sambuco giocherà un ruolo cruciale nello scontro finale, il cui esito è facilmente intuibile, ma comunque magistralmente rappresentato a livello visuale.

La dimensione visiva e gli effetti speciali giocano quindi un ruolo fondamentale (eccezion fatta per l’epilogo, in cui l’effetto “diciannove anni dopo” poteva essere decisamente più curato), creando una pellicola che fagocita completamente lo spettatore anche nella versione 2D. Qualche riserva invece sulle scelte registiche (pur non giungendo agli eccessi della prima parte, Yates fatica a bilanciare alcune sequenze inutilmente lente con il concitatissimo corpo del film) e soprattutto sulla sceneggiatura di Steve Kloves, storico adattatore dei romanzi già più volte criticato per la sua tendenza a revisionare i testi della Rowling, che qui esplode all’ennesima potenza con ridimensionamenti diegetici e soprattutto emotivi esagerati anche nell’ottica della compressione per l’adattamento. Fortunatamente il vertiginoso tourbillon visivo e la potenza narrativa compensano in buona parte la mancanza di spiegazioni per i babbani, mentre i fan della saga letteraria potranno rivivere le emozioni originali attraverso la piattaforma di lettura interattiva Pottermore, creata dalla stessa Rowling e in partenza (ovviamente) il prossimo 31 luglio.

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