Se non siete stati rinchiusi nel ripostiglio sotto le scale negli ultimi dieci anni (nel qual caso sareste Harry Potter stesso!) sicuramente saprete qualcosa del mondo creato da J.K. Rowling e magari vorrete vedere l’ultimissimo capitolo della saga, appena approdato in sala. Riprendiamo dunque le fila della prima parte, uscita lo scorso novembre. Harry Potter e i doni della morte 1 rappresenta il momento di rottura più netto nel continuum della saga: dopo sei capitoli legati al mondo scolastico, stavolta la storia trascende irreversibilmente i confini (non troppo) sicuri di Hogwarts, scuola di magia e baluardo della resistenza contro Lord Voldemort, il Signore Oscuro. La morte di Silente ha segnato il punto di non ritorno per i protagonisti Harry (Daniel Radcliffe), Ron (Rupert Grint) e Hermione (Emma Watson), definitivamente avulsi dalla quotidianità scolastica – per magica e insolita che fosse, fra incantesimi, pozioni e partite di Quidditch. Silente ha però lasciato in eredità ai tre ragazzi una missione: trovare i restanti horcrux, oggetti o esseri viventi che custodiscono i frammenti dell’anima di Voldemort.

Sfuggiti a un attacco dei Mangiamorte (i sostenitori di Voldemort), i tre protagonisti cominciano quindi la ricerca dei misteriosi oggetti, rifugiandosi in boschi sempre più remoti nel tentativo di sfuggire a Voldemort stesso, che in virtù di una profezia dovrà uccidere personalmente Harry. Tra fame, freddo e influenza negativa degli horcrux, Harry, Ron e Hermione dovranno imparare a cavarsela totalmente da soli, pur con qualche provvidenziale aiuto esterno, come il toccante intervento dell’elfo Dobby. Nel frattempo Harry scoprirà (tramite le sue ormai canoniche visioni) che il Signore Oscuro è alla ricerca di una bacchetta magica estremamente potente, la Bacchetta di Sambuco, uno dei tre leggendari (ed eponimi) doni della morte.

Proprio la bacchetta fungerà da trait d’union fra le due parti del film, entrambe per la contestata regia di David Yates (così come i due episodi precedenti). L’impostazione infatti convince poco: le lunghissime scene à la Friedrich, in cui la solitudine e l’angoscia di Harry trovano un correlativo oggettivo nei paesaggi tanto spettacolari quanto abusati, avrebbero invece potuto essere sfruttate per fornire qualche spiegazione sugli horcrux, sui segreti di Silente e sulle vicende di personaggi cardine declassati a comparse, come Lupin e Tonks, Bill Weasley, Fenrir Greyback o lo stesso Draco Malfoy, ormai lontano dal suo ruolo di antagonista primario e sprofondato nel suo baratro emo. Da apprezzare invece l’esplorazione del rapporto fra i protagonisti, soprattutto attraverso l’allucinazione che dà forma alle paure di Ron, nonché il ruolo di primo piano riservato a Emma Watson, vera colonna portante del film.

Nel complesso una pellicola che pecca un po’ di manierismo a scapito della struttura, ma che comunque offre una trasposizione più fedele (e meno adolescenziale) rispetto al capitolo precedente. Non resta che vedere come sarà l’adattamento della seconda parte!

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