True Blood: Dove eravamo rimasti? Sookie tra le fate, Lafayette tra le streghe, Bill non così buono come sembrava, Eric più buono di come sembrava…

Nel prologo di “She’s Not There” ritroviamo Sookie nel regno delle fairies (dove incontra suo nonno, quello che aveva i poteri, finora solo evocato), che, in men che non si dica, rivela il vero volto, ben più inquietante, delle fatine. Come difesa da vampiri e simili le fairies si sono trasferite in una dimensione spazio-temporale totalmente separata da quella degli umani, e così quando Sookie torna fortunosamente alla realtà di Bon Temps, è passato più di un anno, e molte cose sono cambiate. Alcune di queste, nella direzione che si annunciava nello scorso season finale: Andy ha in effetti sviluppato un problema di dipendenza da V, il bambino di Arlene è in effetti un po’ strano, Sam ha in effetti sparato al(la gamba del) fratello, Jason fa in effetti il poliziotto e si occupa dei bimbi-pantera (che però gli tendono un agguato), Lafayette ha effettivamente dei poteri, ma tenta in ogni modo di negarli.

Ma soprattutto, nell’anno in cui Sookie è mancata, i problemi tra vampiri e umani sembrano giunti ad una tregua: merito della sconfitta del (compianto) Russel Edgington e, lo scopriamo alla fine, del nuovo sovrano e “volto” della comunità vampiresca, Bill Compton, che esprime così quella vocazione politica che lo aveva contraddistinto fin dalla prima stagione.

Una serie come True Blood, dove i personaggi sono decine e tutti sono protagonisti di almeno una storyline, è inevitabilmente il regno della frammentarietà:  nei casi migliori, questo significa un filo rosso che collega tutte le sottotrame, e in quelli peggiori una successione di cose totalmente slegate. In tal senso da una season premiere non ci si può aspettare molto, ma anche concentrandosi sui “semi” di trama buttati qua e là, questo risulta un episodio poco riuscito. L’espediente dell’ellissi temporale funziona e non mancano momenti interessanti: il parallelismo Bill/Eric, entrambi integrati e leader comunicativi ed entrambi materialmente più potenti ma a parti invertite (Bill è sovrano, Eric possiede Sookie); i problemi di convivenza tra Hoyt e Jessica; la preoccupazione di Arlene e il bizzarro pragmatismo di Terry nei confronti del bambino; tutte le scene con Pam.

Eppure le trovate migliori perdono smalto davanti a momenti deboli e talvolta imbarazzanti: la parte iniziale di Sookie tra le fate è gratuita e troppo frettolosa (oltre che visivamente orribile); la svolta mascolina di Tara, fuggita da Bon Temps sotto mentite spoglie, è davvero poco originale, e difficilmente porterà al recupero di un personaggio debole e mal scritto ormai da tempo; aspettiamo poi con ansia la spiegazione dell’equazione “possesso della casa di Sookie = possesso di Sookie stessa”, piuttosto incoerente con tutte le leggi vampiresche finora apparse nella serie.

A questo punto attendiamo la prova del secondo episodio, perché ci piace divertirci con True Blood, ma sappiamo che può fare meglio di così.

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Scritto da Chiara Checcaglini.