Se il trailer di “6 giorni sulla terra” di Varo Venturi  ci aveva fatto sperare in un risveglio di genere (la fantascienza è assente dagli anni ’90 nella nostra cinematografia), basta documentarsi un po’ sulla pellicola per capire che alla base del progetto c’è della spocchia. Ecco un’umile dichiarazione del regista:

“La maggior parte della “stampa” classificherà questo film come un minestrone fantahorror all’italiana.. Ma la nostra arma è potente, noi sappiamo che questo è un film “realista”, e ormai la gente, anche la meno informata, sente dentro di sè che c’è qualcosa che non va, e un film come questo gli potrebbe accendere una lampadina. Diffondiamo la nostra energia a macchia d’olio, aiutiamo gli altri a capire che stiamo trattando LA VERITA’, non fantascienza, semmai REALSCIENZA!!!”.

Ok Varo Venturi, è vero che credi nel tuo film (e fai bene), ma così risulti un po’ antipatico. L’importante non è credere, o non credere, negli studi riguardanti le abduction del dott. Corrado Malanga, ma portare sul grande schermo un buon prodotto che non abbia la pretesa di essere realscienza (già dal nome poco interessante. Meglio perdersi nella FANTAscienza no?). Se poi  vogliamo tirare in ballo l’etichetta stampa di “minestrone fantahorror”, si ha come l’impressione che tu voglia mettere le mani avanti: sì, il film può causare confusione, ma non un tipo di spaesamento costruttivo, bensì una sensazione di  What the fuck continuo che accompagna lo spettatore per tutta la durata del film.

La lampadina del “c’è qualcosa che non va” si accende non tanto per le adduzioni, ma per la volonta di inserire tutto e niente – dalle ambientazioni alla Dan Brown, fino alla ricerca dell’anima, passando per il diavolo, gli  inseguimenti, i servizi segreti e i baci saffici (!!!) –  la lista è interminabile. E di fronte a un tale spettacolo, paragonabile solo a “Gli occhi del cuore“,  la volonta di prendersi (troppo) sul serio, anche con un sottofondo critico, ci fa  rimpiangere la fantascienza, quella vera. E’ qui che l’ambizione si trasforma in presunzione. E’ qui che il film fallisce.

Tralasciando alcuni errori grossolani (il passaggio un po’ troppo libero tra audio in presa diretta e doppiaggio o il cast non sempre in parte), il soggetto ha un buon potenziale, il low budget è stato sfruttato abbastanza bene e gli effetti speciali hanno una loro dignità visiva, ma il “contenitore”  manca di onestà. Da riscoprire, sulla fiducia, “Nazzareno“, di Varo Venturi, sicuramente più onesto dei suoi 6 giorni -veri- sulla terra.

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