È proprio come trovarsi di fronte alla grandezza e farne parte”, Roberto Benigni.

The Tree of Life” travolge, incanta e, infine, disorienta lo spettatore per la sua estranietà da tutto quello che è apparso sul grande schermo fino ad oggi.  Nessuno, anche il cinefilo più attento, infatti si è dichiarato completamente preparato allo spettacolo-cinema di Malick. Un’opera visiva e sensoriale che dividerà il cinema in “prima e dopo The tree of life”  per il suo non essere film e che manderà in estasi, per tutti gli anni a venire, studiosi, filosofi, critici e spettatori occasionali. C’è del genio.

Un’opera meravigliosamente nuova perché porta gli spettatori oltre i confini del tempo (anche cinematografico), e inevitabilmente scomoda per il percorso che intraprende: di che cosa parla esattamente? qual è il suo significato? Partiamo da un canonico (e difficile) riassunto: la vita di una famiglia viene sconvolta da un evento che segnerà profondamente le loro vite; di più non si può raccontare, si deve solo sentire. Che cosa ho visto? (domanda frequente e naturale) il senso della vita? Dinosauri? ma non è che il regista è un po’ troppo pretenzioso?

Terrence Malick è ambizioso (e ben venga) ma non pretenzioso: il film non ha alcuna pretesa di dare un senso all’esistenza umana, l’obiettivo è piuttosto quello di mostrarne tutta l’ infinita belezza attraverso piccolissimi attimi in cui tutti possiamo riconoscerci; Malick è disinteressato a seguire le leggi della linearità narrativa, preferisce invitare il suo pubblico ad assaporare ogni momento del film attraverso i  propri ricordi. E, una volta accettato l’invito, ci accorgiamo che il  tutto parla anche di noi: da quello che abbiamo visto prima di nascere fino a quello che verrà, la macchina da presa ci lascia osservare la grandezza dell’universo.

“The Tree of life” non è altro che un’opera popolare per la sua oggettività. La regia, infatti, è un insieme di immagini terrene perfette nella loro fluidità: tutta la forza della creazione, il tocco semplice di una mano sulla spalla, la bellezza di una farfalla, e l’amore dell’uomo che trascende ogni cosa. Nonostante il dolore che  i protagonisti incontrano sul loro cammino, infatti, Malick porta i suoi personaggi su un binario rassicurante in cui, al di là della razionalità delle cose, l’uomo è in grado di vincere sulle leggi terrene e, di conseguenza, andare oltre, magari su una spiaggia oltre i confini del tempo. Così come sono universali tutti gli interrogativi posti a un interlocutore che trascende l’ordine naturale: Dove sei? Perché? Io lo dono a te, dice Jessica Chastain.

Pocco importa, infatti, se i dinosauri non sono reali, tutto è umile, tutto è grazia, tutto è poesia. Sta a noi salire sull’albero, grazia o natura; sta a noi scegliere che forma dare a “The Tree of Life”.

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