“Bentornata Sidney. Sei una sopravvissuta, vero Sidney? Cosa c’è di buono ad essere una sopravvissuta quando tutti quelli intorno a te sono morti? Non puoi salvarli, l’unica cosa che puoi fare… è guardare”.

A distanza di dieci anni dall’ultimo incontro con Ghostface, Sidney Prescott è diventata una scrittrice di fama internazionale con il bestseller “Out of darkness”, un manuale di autoaiuto. Tornata a Woodsboro per la promozione del libro, la ragazza si scontrerà nuovamente con la sua memesi.

Spoiler!

La coppia Wes Craven/Kevin Williamson torna dietro la macchina da presa per dirigere e scrivere il nuovo capitolo di Scream, cavalcando così la moda holliwoodyana dei sequel delle saghe cinematografiche di successo (Indiana Jones, Die hard…) e dei reboot (Nightmeare, Halloween…) quasi sempre deludenti. Infatti, la decisione di riportare sul grande schermo Ghostface non era affatto un’operazione priva di rischi: il già visto era praticamente inevitabile, e la pellicola poteva diventare un pallido tributo della trilogia originale, realizzata esclusivamente per i fan più affezionati.

Consapevoli del rischio Craven e Williamson, già nei primi dieci minuti, invitano lo spettatore ad assistere a una critica, furbetta, sulla natura dei sequel serializzati, “Tutte queste metacazzate sanno di già visto” dice Anna Paquin, ma il gioco di scatole cinesi funziona e il grande massacro iniziale, marchio di fabbrica della serie, è un puro divertissement.

Il film è sì un sequel, un reboot, un tributo, ma ne è anche la versione 2.0, il final cut (scusate il gioco di parole) attualizzato del primo capitolo. Nuovo decennio, nuove regole e, con essi, una nuova generazione di adolescenti cresciuti a Grande Fratello, Facebook, Twitter, e YouTube. I tempi sono cambiati così come il il genere horror: la pellicola fa riferimento all’incipit di film come “The Blair Witch Project” e “Paranolmal Activity”, ovvero ad un filone fintamente documentaristico, alla portata di qualsiasi filmaker in possesso di una semplice telecamera e un’idea. C’è anche spazio per il nuovo slasher di massa come “Saw” e “Hostel” o per la parodia come “L’alba dei morti dementi” (il polizziotto che esclama fuck you Bruce Willis!), ma è il meccanismo dei reality show a interessare maggiormente Craven.

La quotidianità deve essere rigorosamente filmata e messa in rete, meglio se impreziosita da qualche colpo di scena. Questa volta non ci troviamo all’interno di un mondo finzionale, ma a un documentario reale; è lo stesso Ghostface infatti a filmare i suoi delitti dal vivo: “E’ il passo successivo del genere slasher”, dice uno dei protagonisti. Il tutto avviene per mano della nuova protagonista, la giovane e angelica Jill, Sidney 2.0, la quale insegue la notorietà mediatica secondo le regole di oggi: “Ho dovuto uccidere anche mia madre, ma sono le regole […] l’unico modo per diventare famoso è vivere una tragedia”. La ragazza è anche una nuova versione di Billy Lumis: non uccide per vendetta, ma semplicemente per ottenere l’attenzione dei media, dopo aver sterminato tutti i suoi amici, e poter passare per la star di turno, un’eroina americana. Così come l’agente di Sidney, la quale non ha nemmeno letto “Out of darkness” perché in attesa del film, propone alla donna di continuare a fare la vittima per acquistare sempre più fama e popolarità.

Il rapporto tra media e società trova in “Scream 4” la sua migliore rappresentazione e lo sguardo cinico di Craven e Williamson  non risparmia nessuno, dai personaggi del film sino allo spettatore in sala, visto come uno dei principali sostenitori – con una certa soddisfazione nella visione-, dello spettacolo reality slasher.

La trilogia di Scream

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