Oggi vogliamo ricordare la carriera dell’attore inglese Pete Postlethwaite, volto familiare del cinema contemporaneo, scomparso il 2 gennaio scorso.

Nato a Warrington il 16 febbraio 1946, si forma a teatro negli anni Settanta assieme ad altre promesse come Bill Nighy, Jonathan Pryce e Julie Walters (la futura, indimenticabile maestra di ballo di Billy Elliott), con la quale vive una breve relazione. Esordisce al cinema in un ruolo secondario ne I duellanti (1977) di Ridley Scott, ma deve attendere dieci anni prima di affermarsi nel ruolo del violento capofamiglia in Voci lontane… sempre presenti (1988) di Terence Davies.

Fisicamente non bello – fisico scheletrico, zigomi sporgenti e naso a peperone – ma dotato di grande talento attoriale, Postlethwaite ha tutte le carte in regola per diventare uno dei caratteristi più ricercati anche a Hollywood, offrendo prove sempre convincenti in film importanti, senza mai lasciare il suo primo amore, il palcoscenico.

Nel 1993 ottiene la nomination all’Oscar come miglior attore non protagonista per il toccante ritratto del pacifista irlandese Giuseppe Conlon in Nel nome del padre di Jim Sheridan, mentre due anni dopo si fa notare come misterioso avvocato Kobayashi, braccio destro del re del crimine Kayser Soze, nel cult di Bryan Singer I soliti sospetti.

Negli anni successivi, è protagonista assoluto di un paio di commedie britanniche di ambientazione proletaria (Grazie, signora Thatcher, 1996, di Mark Herman e Fra i giganti, 1998, di Sam Miller), mentre continua ad apparire come caratterista in svariati film hollywoodiani, fra cui i fantasy del 1996 Dragonheart di Rob Cohen e James e la pesca gigante di Henry Selick. Steven Spielberg, dopo averlo diretto nel 1997 in Amistad e ne Il mondo perduto – Jurassic Park II, lo ha addirittura definito “il miglior attore del mondo”.

Alternando sempre cinema e teatro con risultati eccellenti, nel 2004 viene insignito dell’Order of the British Empire, mentre nel 2008 recita nel film di denuncia sui cambiamenti climatici The Age of Stupid, diretto da Franny Armstrong. Attivo fino in fondo nonostante la malattia, nel 2010 si è distinto in una delle sue migliori caratterizzazioni, quella del feroce capomafia irlandese in The Town di Ben Affleck, oltre ad aver dato volto al premuroso padre adottivo di Perseo nel flop mitologico Scontro fra titani di Louis Leterrier e all’anziano e agonizzante capitalista in Inception, di Christopher Nolan.

La sua morte è passata pressoché inosservata presso i media italiani, troppo occupati a sciorinare sterili pettegolezzi anche in campo cinematografico, ma siamo sicuri che ne sentiremo la mancanza.

Goodbye, Pete.

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